venerdì 2 aprile 2021

Stralci di un cortometraggio seppiato


All'isolato 78 di via Trieste, un sole nuovo tesseva di filigrana dorata le tende del laboratorio sartoriale di madama Buccafusca, mentre il flebile vento le gonfiava con respiro ozioso e cadenzato, portando alle giovani sarte affaccendate le prime dolci promesse d'estate.
Attorno al grande tavolo le lavoranti più esperte armeggiavano tra aghi, forbici, metri e tessuti; le voci briose, le loro risate non erano meno animate delle loro agili mani; talora rallentavano e sbirciavano irrequiete le lancette dell'orologio, quasi a volerle incoraggiare ad andare più veloci, . 
Era il Sabato Santo nella bella Messina degli anni '30.
Cinque minuti a mezzogiorno. 
Madama Buccafusca, con la sua gardenia fresca sullo chemisier blu, sedeva in mezzo a loro e affacciava i suoi occhi ridenti da sopra gli occhialini, che, agganciati alla catenina, lasciava poi ricadere sul petto.
" Ragazze, lasciate tutto! Stanno per sciogliere le campane!"
All'istante si sospendeva ogni taglio di stoffa, ogni punto era interrotto, ogni ricamo abbandonato. 
Sgusciando fra le gonne fruscianti e urtando contro alti pantaloni, le bimbe di casa mostravano fiere i loro abiti nuovi di cotone pastello, i nastri di raso fra i capelli intrecciati e trotterellavano finalmente libere dalla sala da pranzo al laboratorio. Reggendo alte sopra le loro teste le cuddure profumate, quelle gioiose miniature acquarellate correvano attorno alla tavola imbandita con pane, fave, salame, formaggio col pepe e uova sode.  
Dodici rintocchi. E i giovani salivano in terrazza. Sullo Stretto i traghetti salutavano quel giorno di Gloria al suono sfumato delle loro sirene e scivolavano pigri, sospesi sulla trama turchese di cielo e mare; i campanili della città si liberavano dalla stretta delle corde e tornavano a far cantare il bronzo sui tetti assolati, sulle terrazze sventolanti di fresco bucato, per le piazze brulicanti di vita, per i viali alberati, lungo i vicoli polverosi. La loro voce sacra riecheggiava sui balconi che sbadigliavano alla luce, entrava nell'intimità delle case e raggiungeva in ogni stanza un cuore gioioso, un animo commosso, un corpo sofferente, una coscienza turbata.  
Allontanatasi dalla confusione festosa  e riposto lo chemisier blu, madama Buccafusca s'accomodava un elegante foulard sulle spalle e spalancava le finestre a quel cielo di seta azzurra, al profumo dei tigli e s'inebriava della Vita che ha vinto su tutto.
Dietro di lei, dopo aver lanciato in aria le cuddure, andavano quietandosi le sue quattro bambine e, composte ed impettite, seppure con gli abiti ormai stropicciati e le ciocche scomposte sulle tempie, arrestavano le loro scarpette chiare sul tappeto del salotto e nel silenzio recitavano agli affezionati e pazienti spettatori l'antica filastrocca messinese. 
A Gloria sunau
a cuddura si spizzau
si spizzau a mossa a mossa
a cuddura sinza l'ossa.
A cuddura a panareddu
 cu ddu ova 'nto cesteddu
na manciamu 'n allegria
tutti quanti 'n cumpagnia.
e s'avemu ancora fami,
quattru feddi di salami
chi favuzzi frischi frischi
chi ni levunu di guai.
'A Gloria sunau.
U Signuri risuscitau!